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    Manuale psicometrico
     
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    La nostra procedura di ricerca tipica è:
    A) lavoro di esame della letterattura e soprattutto di indagine in laboratorio e/o sul campo;
    B) redazione di un Rapporto Tecnico che presenta in termini molto approfonditi quel passaggio;
    C) redazione di un testo, a più ampia diffusione, che sintetizza un'intera fase della ricerca, anche a partire dai Rapporti Tecnici; come nel caso del Manuale di ITAPI-G;
    D) progressiva e trasparente messa a disposizione della collettività di scienziati, professionisti, studenti e utenti, in licenza freeware e opensource, della gran parte (e comunque di tutto quanto è essenziale) del materiale già pubblicato (tramite itapi.psicotecnica.com).
     
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    Cerchiamo di aggiornare le varie parti del sito, per quel che ci riesce, almeno mensilmente (un po' come una rivista).
    Ma c'è molto (di già realizzato) che stiamo ancora aggiungendo.
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    Benvenuti in Laboratorio Italia: Divisione per la ricerca psicosociale applicata alla comunicazione, ai comportamenti di consumo, al marketing di PsicoTecnica e Itapi.
     
     
    Direttore Scientifico:
    Prof. Felice Perussia
    (Università degli Studi di Torino)
    Guida 5
    Elaborazione dei Dati
    INDICE DELLA PAGINA
     
    5.1 Dati e risultati
    5.2 Interpretazioni
    5.3 Comparazioni
    5.4 Analisi qualitative
    5.5 Statistica
    5.6 Codifica
    5.7 Analisi del contenuto
    5.8 Tendenze e tabelle
    5.9 Test statistici
    5.10 Analisi dei fattori
    5.11 Analisi dei Cluster
    5.12 Presentazione dei risultati

    Creative Commons License
    This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Italy License.
     
    5.1 Dati e risultati
     
    Attraverso i vari sistemi di ricerca vengono raccolti i dati di riferimento su cui ci si basa per trarre le conclusioni utili nella direzione di una evoluzione del problema che sta all'origine del nostro intervento. I dati, da soli, non sono tuttavia sufficienti ad offrirci un quadro della situazione. Occorre infatti trasformare tali elementi grezzi in strutture chiare, compiute, sintetiche e facilmente maneggiabili.
     
    Al termine del lavoro sul campo, si tratta dunque di passare dalle risposte elementari a categorie dotate di significato. Occorre cioè trovare il sistema di verificare, mettendole a confronto con le risultanze emerse, le nostre ipotesi di partenza. E' necessario anche ridurre la quantità di dati (e di variabili da tenere come punto di riferimento), selezionando solo quelli che effettivamente ci servono, e trovare delle modalità descrittive molto più sintetiche di quelle rappresentate dalla semplice elencazione dei fatti raccolti.
     
    Le modalità di traduzione dei dati grezzi in quadri operativamente utili sono molte e complesse. Queste hanno a che fare con le strategie di interpretazione psicologica, da una parte, e con la statistica, dall'altra. Per entrambe queste modalità di approccio esistono delle teorie e delle tecniche assai sofisticate, la cui descrizione nel dettaglio non rientra negli scopi di questa guida. Poichè tuttavia è utile avere almeno un'idea del meccanismo, con l'obiettivo di capire meglio i risultati di cui poi di fatto ci si serve, forniremo dunque un accenno minimamente compiuto ai principali modelli.
     
     
    5.2 Interpretazioni
     
    Alla base di ogni strategia di elaborazione dei dati deve stare la consapevolezza che, qualsiasi sia il metodo adottato, l'intervento interpretativo da parte di chi conduce la ricerca ha comunque un peso notevole. In altre parole: bisogna stare attenti a non confondere la matematizzazione dei dati con la loro oggettività.
     
    L'impiego di computer sempre più potenti permette ormai di sviluppare, con modesti limiti di ordine pratico, analisi statistiche sempre più sofisticate, sulla base di dati sempre più numerosi. Partendo dai dati grezzi, e facendoli girare e rigirare nell'elaboratore, è però possibile dimostrare praticamente quello che si vuole. Ciò può dipendere dalla capacità (e dalla malizia) dello statistico, ma anche dall'ingenuità del ricercatore (o del committente) che non si rende conto di stare costringendo i dati a dirgli quello che lui vuole.
     
    I dati non sono in grado di parlare da soli, anche se i dilettanti della ricerca amano nutrire l'illusione che sia così. L'elaborazione è sempre, inesorabilmente, manipolazione. Non solo le analisi statistiche consistono sempre di esercizi logici arbitrari, e basati su presupposti concettuali convenzionali quanto indimostrabili, ma addirittura la matematica che sta alla loro base viene oggi considerata (nonostante i luoghi comuni in proposito) decisamente un'opinione.
     
    A questo proposito, il modello di riferimento (oltre alla più volte citata strategia della medicina) è il tribunale. I dati sono come gli indizi e le prove, che il pubblico accusatore e l'avvocato difensore presentano e rivoltano ciascuno alla propria maniera (e pro domo sua). Il risultato della ricerca è dunque paragonabile al verdetto del giudice. Tale verdetto è: serio, meditato, ma necessariamente (almeno in parte) soggettivo ed opinabile (oltre che inevitabilmente basato, più che sulla "realtà", sui fatti emersi nell'ambito del processo). E' una interpretazione che discende dal maggior numero possibile di fatti, e dalla approfondita conoscenza della materia, ma si tratta comunque di una ipotesi (ancorchè altamente verosimile).
     
    Quando si cerca in tutti i modi di usare solo dei numeri, e si accentua dunque al massimo il responso del computer, non si fa altro che spostare (nel senso di nascondere) la soggettività inerente al processo conoscitivo, affidandola ai criteri logici che gli statistici hanno immesso nei programmi per l'elaboratore.
     
    Anche la più matematica delle analisi è, almeno in parte, una lettura qualitativa. Bisogna rassegnarsi alla circostanza per cui i fatti non ci danno, da soli, nessuna risposta. La nostra interpretazione, del resto, sarà probabilmente la migliore possibile ma non potrà mai coincidere con la pura verità.
     
     
    5.3 Comparazioni
     
    Un primo criterio utile, per il passaggio dai dati grezzi ai risultati veri e propri, è rappresentato dalla costante attenzione alla definizione di punti di comparazione in riferimento ai quali valutare le risultanze che abbiamo raccolto. Il significato dei dati è molto più evidente soprattutto se li si confronta con situazioni e contesti simili, rispetto ai quali si rilevano le variazioni relative.
     
    La comparazione può essere: sia per sequenze temporali (diacronica), per cui si osservano le differenze tra i nostri dati e quelli ottenuti in circostanze simili nel passato; sia per confronto tra situazioni simili (sincronica), per cui si analizzano le diversità tra il nostro campione e altri gruppi di soggetti con caratteristiche (anagrafiche, geografiche, ecc.) differenti. Una comparazione implicita viene sempre attuata con le passate esperienze di ricerca, in contesti o su argomenti simili, vissute dal ricercatore.
     
    Occorre sempre fare molta attenzione a che gli elementi comparati siano effettivamente simili (e quindi comparabili). Non sempre la comparazione è infatti possibile. Se si confrontano, ad esempio, i dati di due diversi paesi europei, bisogna tenere conto del fatto che le definizioni ufficiali o convenzionali, di ciò che stiamo studiando, possono essere molto diverse. Cambiano infatti le definizioni merceologiche, quelle dei comportamenti, nonchè le circostanze delle rilevazioni, per quanto concerne sia i sistemi di raccolta dei dati sia le situazioni stagionali in cui vengono reperiti. E' del resto essenziale ricercare prove sicure del fatto che le variazioni tra i nostri dati e i dati di comparazione dipendano dalle variabili che ci interessano come oggetto dell'indagine (in sostanza, dal nostro prodotto-servizio) e non da altre cirocostanze estranee, sia casuali sia sistematiche.
     
    A volte, la comparazione è perseguita nell'ambito della rilevazione stessa. In questi casi vengono rilevati dati che si riferiscono sia al nostro prodotto-servizio sia a uno o più prodotti-servizi concorrenti, quali in particolare il leader del mercato ovvero dei prodotti-servizi magari minori ma che presentano caratteristiche molto simili a quelle della nostra offerta. Altre volte la comparazione è tra il prima ed il dopo (before/after), rispetto ad un qualche evento (ad esempio: una comunicazione pubblicitaria, il cambiamento della confezione, ecc.).
     
     
    5.4 Analisi qualitative
     
    Si parla di analisi qualitativa soprattutto con riferimento al tipo di elaborazione che viene attuata per valutare i risultati delle ricerche clinico sociali (o motivazionali). In questo caso lo strumento di elaborazione è rappresentato fondamentalmente dalla cultura specifica e dalla competenza del ricercatore.
     
    L'analisi qualitativa si avvicina all'interpretazione clinica (psicologica o medica) nel senso più classico del termine. Essa consiste della attenta lettura e rilettura (dal nastro, dal dischetto o dalla trascrizione), da parte dello psicologo (che spesso è anche il direttore della ricerca), delle interviste raccolte sul campo. Durante tale riesame, il ricercatore prende appunti, costruisce ipotesi, avanza conclusioni. Lo psicologo si trova qui in una condizione simile a quella del clinico (medico) il quale, dovendo giungere ad una diagnosi, osserva attentamente tutti i dati a disposizione fino a formarsi un proprio convincimento, che rappresenta il risultato finale dell'esame. Si tratta di una modalità di analisi poco quantitativa e poco verificabile, ma che gode di una lunga tradizione in tutte le professioni più serie (e che risulta, se condotta con competenza, spesso efficace).
     
    Nel suo lavoro interpertativo, lo psicologo si serve anche dei dati emersi durante la riunione conclusiva, di discussione con gli psicologi che hanno effettuato le interviste. Spesso il direttore di ricerca possiede anche delle griglie concettuali di lettura (diciamo: dei modelli concettuali interpretativi), che gli derivano dalle sue conoscenze teoriche e dall'esperienza precedente nell'area della ricerca sul campo.
     
    Le analisi del ricercatore possono essere intervallate, nel rapporto finale, con brani più o meno lunghi che contengono la trascrizione letterale di quanto singoli intervistati hanno dichiarato. Queste citazioni contribuiscono a ridurre, nel lettore, la sensazione di arbitrarietà che una interpretazione necessariamente suscita.
     
    La presenza di citazioni testuali (verbatim) può essere efficace dal punto di vista descrittivo, ma rende più lungo il testo del rapporto finale e tende a disperdere la sostanza dei risultati. Molti ricercatori ritengono dunque preferibile limitare al massimo questi incisi, prendendosi la responsabilità di sintetizzare i risultati in una forma più breve e assoluta. Si tratta di una scelta non facile, ma che va incontro all'esigenza, da parte del committente, di ricevere in qualche modo delle risposte a delle domande, più che delle descrizioni interrogative.
     
    In poche parole: l'analisi qualitativa rappresenta l'estensione del metodo clinico, e cioè di uno dei metodi più classicamente e solidamente psicologici, alla ricerca sul campo. La differenza consiste nel fatto che: mentre nella clinica classica il soggetto è uno solo e se ne indagano i processi psicodinamici interiori, nel metodo clinico-sociale i soggetti sono molti e se ne indagano soprattutto le elaborazioni cognitive in termini di immagini e di vissuti, che sono in qualche modo collettivi.
     
    5.5 Statistica
     
    Molti ricercatori si propongono di andare oltre l'analisi qualitativa, che è quella che ognuno di noi mette in atto spontaneamente quando osserva una situazione della vita quotidiana o quando cerca di risolvere un problema pratico. Lo strumento principale per attuare tale superamento è la teoria statistica.
     
    La statistica rappresenta, in poche parole, una teoria logico-matematica per verificare, attraverso i dati raccolti sul campo, dei modelli costruiti come ipotesi a priori. La statistica può anche venire definita, più semplicemente, come un modo per descrivere un fenomeno, in termini numerici riassuntivi, dal punto di vista sia delle sue caratteristiche generali sia dei rapporti interni che collegano fra loro le variabili in cui tale fenomeno può essere scomposto. La statistica è oggi il modello concettuale maggiormente coinvolto nelle strategie di raccolta e manipolazione dei dati numerici e nello sviluppo di inferenze a partire da questi.
     
    La statistica va sempre al di là dei dati grezzi, ma secondo criteri logici condivisi da molti studiosi. I risultati statistici non coincidono con i fatti oggetto dell'indagine, ma ne sono una efficace (quanto concettualmente arbitraria) descrizione, sulla base dei criteri definitori che noi stessi abbiamo introdotto attraverso le domande che costituiscono lo strumento di rilevazione.
     
    5.6 Codifica
     
    Come abbiamo già accennato, i dati raccolti attraverso la ricerca vengono classificati sulla base di alcuni criteri. Tali criteri, generalmente prestabiliti sin dall'inizio del lavoro, consistono sostanzialmente nell'attribuzione di numeri alle diverse variabili.
     
    Prima di attuare questa operazione, viene condotta una revisione su quello che è stato raccolto. Tale verifica, che è successiva al controllo esercitato sulla qualità del lavoro sul campo, viene detta editing. Consiste nel passare in rassegna, uno per uno, tutti i questionari, e nel verificare che siano stati compilati in modo completo e soddisfacente. Tale intervento può essere attuato sia manualmente sia, previa una adeguata pianificazione, mediante elaboratore elettronico.
     
    Oltre al controllo formale della completezza del questionario, si prende in considerazione anche l'accuratezza delle segnature e, se il questionario è su carta, si eliminano i protocolli illeggibili (di fatto equivalenti a quelli incompleti). Spesso si verifica anche, in base ad un confronto tra le risposte fornite nel questionario rispetto a domande (tutte presenti nel questionario) simili o opposte, il grado di coerenza interna a ciascuna intervista.
     
    Una volta verificata la "pulizia" dei dati di partenza, si passa alla loro registrazione in forma quantitativa. L'operazione di trasformazione dei dati grezzi in numerazioni ordinate viene detta "codifica". Questa sta alla base della operazione di immagazzinamento (o "versamento", o storage) dei dati.
     
    La codifica viene quasi sempre effettuata a computer. Viene spesso attuata manualmente da un operatore. In molti casi, se ci si è organizzati sin dall'inizio in questo senso (predisponendo moduli compatibili appositi), può venire svolta anche da un lettore ottico, che effettua lo spoglio delle schede-questionario in modo automatico. Si tratta di un sistema molto efficace, ma che può presentare problemi di affidabilità.
     
    Nel procedimento attualmente più diffuso avviene dunque che i questionari vengano raccolti, controllati, e quindi versati nella memoria di un computer. L'operazione può avvenire all'interno di un Istituto, oppure viene demandata a dei codificatori specializzati esterni.
     
    Una volta costituito l'archivio (file) dei dati raccolti attraverso l'indagine, si passa alla loro elaborazione. Questa consiste nella traduzione dell'insieme dei dati grezzi in descrizioni sintetiche, che mettano in luce anche le relazioni interne ai dati stessi.
     
     
    5.7 Analisi del contenuto
     
    L'analisi del contenuto è il primo passo che viene compiuto nella direzione di un superamento dell'interpretazione a favore di una quantificazione delle risultanze. L'analisi del contenuto prende infatti le mosse essenzialmente da dati qualitativi, per trasformarli, se possibile, in numeri e tabelle. Si tratta di un procedimento che tende a rimanere nell'ambito della valutazione qualitativa, ma si preferisce più spesso indirizzarlo verso una quantificazione dei protocolli.
     
    Nella ricerca estensiva vera e propria i dati vengono raccolti sin dall'inizio, soprattutto attraverso il questionario, con il preciso scopo di essere formalizzati. I protocolli elaborati dall'analisi del contenuto non sono invece organizzati in partenza per il trattamento statistico. L'analisi del contenuto è in un certo senso un sistema per costruire uno strumento di rilevazione quantitativa a posteriori. Consiste di una specie di questionario retrospettivo, che viene costruito successivamente alla raccolta dei dati, invece che prima.
     
    L'analisi del contenuto è essenzialmente un metodo per la scomposizione di un messaggio naturale in variabili quantificabili. Può venire applicata a qualsiasi forma di comunicazione (per lo più, ma non solo, verbale), anche molto qualitativa. La si utilizza per studiare i colloqui in profondità. o per quantificare le risposte fornite a delle domande aperte, ma il suo campo elettivo di intervento è nell'esame dei mezzi di comunicazione di massa.
     
    L'operazione consiste nel trovare dei sistemi di descrizione delle variabili che caratterizzano il fenomeno in esame, le quali possano essere misurate. I sistemi più utilizzati fanno riferimento alla frequenza, al tempo, allo spazio. La scelta dei criteri di quantificazione, così come dei criteri di classificazione, è sempre in qualche modo arbitraria, ma cionondimeno i risultati ottenibili appaiono spesso interessanti.
     
    In pratica, ad esempio, si studia il numero delle volte in cui una determinata parola compare in un testo, oppure la quantità di spazio (delle colonne, del numero di moduli) che viene occupata in un giornale da uno specifico argomento, o la quantità di tempo che in una giornata di trasmissioni televisive viene dedicata ad una categoria di personaggi. Il metodo si avvantaggia della comparazione, nel senso che il signifcato da attribuire alla frequenza di una variabile emerge soprattutto dalle differenze che questa presenta rispetto al passato o ad altre variabili a lei contemporanee.
     
    Se si conduce un'analisi del contenuto sui mezzi stampa, ad esempio, è possibile rilevare in termini anche quantitativi lo svilupparsi di specifiche tendenze emergenti nella nostra cultura. Misurando lo spazio che viene dato ai diversi argomenti e alle diverse notizie è possibile cioè raccogliere indizi importanti sulla direzione che il nostro corpo sociale sta prendendo.
     
    L'analisi del contenuto si è molto avvantaggiata dello sviluppo informatico. Esistono infatti dei software che sono in grado di condurre con facilità ricche analisi, ad esempio, di un testo (e naturalmente anche della trascrizione di interviste dirette). Questo tipo di elaborazione è di fatto molto più complesso e parziale di quello che si era sperato in un primo tempo (il linguaggio naturale è infatti una struttura molto intricata), ma a volte può fornire indizi interessanti.
     
     
    5.8 Tendenze e tabelle
     
    I dati raccolti attraverso la ricerca quantitativa sul campo vengono generalmente presentati in una forma sintetica, che ne descriva in breve le caratteristiche salienti, senza riprenderne il dettaglio. Lo scopo di tali sintesi è di semplificare il lavoro di lettura, ma esse facilitano anche l'identificazione di nessi causali tra le variabili prese in esame. Attraverso la descrizione delle risultanze principali è infatti possibile cogliere meglio la sostanza del fenomeno che ci interessa.
     
    Prendiamo dunque brevemente in considerazione alcuni dei termini statistici di più frequentemente uso nella ricerca sociale e di marketing. Non tenteremo di spiegarne la natura matematica, ma solo di lasciarne intravedere il senso, così da permettere, anche a un non iniziato, di capire meglio a che cosa si riferiscono i ricercatori nei rapporti di ricerca.
     
    Una prima misura sintetica di ciò che è stato raccolto è rappresentata dagli indici della tendenza centrale, così chiamati perchè ci forniscono un valore unico per rappresentare un'ampia serie di dati. Il più noto fra questi è la "media aritmetica", che si ottiene sommando ciascuna delle misure ottenute e dividendole poi per il loro numero, ovvero per il numero dei casi.
     
    Esistono anche altri tipi di medie (come la media geometrica, quella armonica ecc.) ed altri indici di una certa utilità. Uno è la "mediana", che è il valore centrale della distribuzione (una volta che questa è stata disposta in ordine di grandezza) e cioè quel valore al di sopra e al di sotto del quale stanno il cinquanta per cento dei dati. Un altro valore, la "moda" (proprio così) indica il valore che si verifica con maggiore frequenza.
     
    Una volta che sono note la media, la mediana e la moda, il quadro della rilevazione appare già molto più chiaro. Un radicato (e ingenuo) pregiudizio sostiene però l'inattendibilità di questo tipo di indici sottolinenando come una media teorica, ad esempio, di un pollo per ogni tavola (misurata, poniamo, su cinquanta tavole) nasconde la concreta realtà di dieci tavole con cinque polli e quaranta tavole senza nemmeno un'ala. Questo limite è però ben noto da tempo alla teoria statistica che ha elaborato, per superarlo, degli indici che forniscono, in aggiunta alle misure della tendenza centrale, anche una indicazione (pure sintetica) della dispersione dei dati attorno a quella disposizione principale.
     
    Le misure della variabilità sono indici che descrivono la maggiore o minore tendenza del complesso dei dati a discostarsi dal dato medio. Un primo indice elementare è la "gamma", che indica il valore minimo ed il valore massimo ottenuti. Altri indici sono matematicamente più complessi, come la "deviazione media", che rappresenta la media aritemtica di tutte le deviazioni dalla media, ovvero la "deviazione standard" (o "scarto quadratico medio"), che è la radice quadra della varianza, ovvero la media dei quadrati degli scarti rispetto alla tendenza centrale. In sostanza, al di là delle pur importanti questioni tecnico-matematiche (che quì non affrontiamo), la deviazione standard (l'indice più usato) è tanto più alta quanto maggiore è la dispersione dei dati ottenuti rispetto alla media.
     
    Una forma sintetica relativamente complessa (pur tra quelle più semplici) di descrizione dei dati, che viene molto utilizzata nella pratica della ricerca, è la tabella. Le tabelle, che rappresentano un caso particolare della più generale categoria dei vettori e delle matrici, possono essere ad una sola entrata, nel senso che vi è una sola serie di righe, in cui viene suddivisa la variabile oggetto della rilevazione, con accanto le quantità in cui ciascuna suddivisione è comparsa nel complesso delle risposte.
     
    Le tabelle di uso più comune nella ricerca sociale e di marketing sono però quelle a doppia entrata, nel senso che, oltre alla variabile rilevata, viene suddivisa in sottocategorie anche la totalità dei casi (degli intervistati) per sub-campioni. Esse consistono di una serie di righe, in cui generalmente vengono elencate le varietà possibili di risposta (la variabile), e di una serie di colonne, in cui viene ripartito per sub-campioni l'insieme dei soggetti intervistati (totale, maschi e femmine, sopra e sotto i 35 anni di età, ecc.).
     
    I dati vengono presentati solitamente sia in cifra assoluta sia in percentuale. Il richiamo alla cifra assoluta serve a ricordare sempre su quali (limitate) numerosità ci si basa. La percentuale permette invece di confrontare efficacemente misure eterogenee fra di loro, e cioè situazioni e campioni differenti.
     
    I valori percentuali si ottengono dividendo il valore grezzo ottenuto per il numero dei casi, e moltliplicandolo poi per cento. Indicano dunque la porzione di casi che sono definiti da quel particolare livello della variabile, e sono indipendenti dalle dimensioni del campione.
     
    5.9 Test statistici
     
    Gli indici della tendenza centrale, le misure della variabilità e le tabelle sono tra gli strumenti più usati per compiere il primo e principale passo sulla via della trasformazione dei dati in risultati. La teoria statistica ha però elaborato anche molti altri strumenti matematici, che vengono utilizzati per andare oltre la semplice (ancorchè fondamentale) sintesi descrittiva, ed inferire degli elmenti che ci aiutino a raccogliere indizi sul significato (il senso, la causalità) sottostante ai dati raccolti.
     
    Per avere un'idea della relazione che intercorre fra due variabili, un indice spesso utilizzato è il "coefficiente di correlazione". Questo viene ottenuto attraverso una formula che tiene conto soprattutto della dispersione delle due distribuzioni di variabili rispetto alla propria media. Il coefficiente di correlazione è indipendente dalle unità di misura utilizzate nella rilevazione delle due variabili, e può andare da +1.00 (massima correlazione positiva) a -1.00 (massima correlazione negativa), passando da 0.00 (assenza di correlazione).
     
    Il coefficiente di correlazione indica, in sostanza, il tipo e il grado della relazione reciproca tra due variabili, e cioè quanto i due eventi in esame agiscono o meno in modo simile. Il fatto che due variabili siano correlate non è tuttavia una prova dell'esistenza di un legame fra di loro, e tanto meno significa che una delle due sia la causa dell'altra. Ci fornisce però un indizio importante, ancorchè comprensibile solo alla luce di solide e circostanziate ipotesi interpretative, della relazione che intercorre fra le due.
     
    E' stata studiata anche una serie di test statistici, che hanno lo scopo di stabilire se esiste o meno indipendenza tra le variabili rilevate attraverso la ricerca. Il loro significato è in parte simile a quello del coefficiente di correlazione, in quanto indicano in genere il livello di significatività della differenza tra la distribuzione rilevata e una ipotetica (ma talvolta verosimile) distribuzione media o casuale.
     
    In poche parole: i test statistici ci forniscono elementi per valutare il livello di probabilità che la tendenza espressa dai dati raccolti sia da considerarsi il prodotto del caso o invece il segno di una qualità effettiva che caratterizza la variabile in esame. In termini ancora più semplificatori (ed approssimativi): il test statistico ci fornisce una misura della significatività dei dati raccolti. Se cioè, ad esempio, la differenza tra le risposte fornite da due sub-campioni (poniamo: maschi e femmine) sia da considerare rappresentativa oppure no. Il test statistico fornisce insomma una parziale garanzia sulla affidabilità delle tendenze rilevate.
     
    Un tipico esempio di test statistico, fra i più usati nella ricerca sociale e di marketing, è il "Chi Quadrato". Da un punto di vista tecnico, si tratta di un test per esaminare le relazioni esistenti tra scale a livello nominale. E' quindi utilizzabile anche con variabili relativamente grossolane (ovvero, più esattamente, con delle mutabili). Si basa sulla quantificazione del rapporto tra le frequenze rilevate e le frequenze che ci si attenderebbero se le due mutabili messe in relazione fossero statisticamente del tutto indipendenti.
     
    In pratica: il valore del Chi Quadrato, che si trova con una certa frequenza in calce alle tabelle, è una delle più tipiche misure sintetiche della sintomaticità delle differenze tra i dati. Quanto più basso è il valore della significatività, tanto più si può considerare indicativa la differenza rilevata. Quando si registra un valore minimo (ad esempio: 0.05, o meno) si può ragionevolmente (e convenzionalmente) ritenere che, sulla base dei dati raccolti, esista una connessione tra le due variabili.
     
    Sono stati elaborati molti altri criteri per indurre statisticamente, sulla base dei dati raccolti, conclusioni interpretative più generali sui fenomeni oggetto delle nostre ricerche. Tra questi ricordo, per chi volesse interessarsi ai più utilizzati nella pratica italiana, specialmente l'analisi della regressione nonchè l'analisi della varianza e della covarianza. Si tratta tuttavia di strumentari tecnicamente complessi, che è impossibile semplificare qui in poche parole, e per il cui studio rimandiamo a testi specialistici.
     
    Merita invece di accennare maggiormente a due modalità di elaborazione che sono tra le più diffuse nella ricerca quantitativa di marketing, e cioè alla "analisi dei fattori" e alla "analisi dei cluster". Queste due metodologie statistiche vengono spesso affrontate insieme nella letteratura scientifica del settore.
     
    5.10 Analisi dei Fattori
     
    Una delle elaborazioni statistiche evolute di più frequente impiego nella ricerca sociale e di mercato è quella forma di analisi multivariata che va sotto il nome di analisi fattoriale (factor analysis). Questa consiste di un complesso procedimento che si propone di valutare contemporaneamente diverse variabili, riducendole ad una quantità di variabili più piccola e significativa.
     
    L'analisi fattoriale può essere condotta solo su dati che siano almeno a livello di scala ad intervalli, e cioè solo su dati propriamente numerici, avendo a disposizione dei computer. La sua base teorica fa riferimento alla possibilità (alla convinzione) che, data una quantità di variabili correlate fra loro, sia possibile sfruttare la loro interrelazione per definire un numero più ristretto di fattori, i quali in forma sintetica rappresentano per così dire la correlazione tra le correlazioni delle variabili di partenza.
     
    Ad esempio: data una serie di item espressi sotto forma di scala di Likert (per nulla; poco; abbastanza; completamente), è possibile calcolare la correlazione esistente tra ciascuna coppia di risposte fornite dai soggetti. L'analisi dei fattori esamina il legame che esiste fra tutte queste correlazioni a coppie, indicando le serie di risposte (le serie di item) che presentano una tendenza a suscitare reazioni collegate. In parole più semplici (ed approssimative): le risposte connesse ad uno stesso fattore tendono a presentarsi (in senso positivo o negativo) con una tendenza similare.
     
    Ciascuna risposta presenta un certo livello di saturazione (ovvero, per capirsi, di identificazione o di coincidenza) con il fattore cui è maggiormente connessa. Ciascun fattore è in grado di spiegare una certa percentuale di varianza. Sia le saturazioni sia la varianza spiegata vengono a volte riportate nelle tabelle che presentano appunto l'analisi fattoriale.
     
    L'analisi dei fattori può essere condotta con tecniche diverse tra loro, mentre il numero dei fattori che emergono dall'analisi è per molti aspetti arbitrario. Esistono tuttavia dei procedimenti standardizzati (normalmente presenti nei pacchetti di software più largamente utilizzati) in base ai quali l'elaborazione avviene automaticamente, e in modo comparabile tra un'indagine e l'altra.
     
    L'analisi fattoriale è particolarmente utile in quanto permette di sintetizzare una grande quantità di risposte (anche centinaia) fornite da una grande quantità di soggetti (anche migliaia) in pochi concetti descrittivi ed esplicativi fondamentali, che non sono più che tanto correlati fra loro.
     
    5.11 Analisi dei Cluster
     
    L'analisi dei cluster (cluster analysis) può essere definita come un metodo per segmentare una pluralità di oggetti, ovvero un campione di soggetti (come avviene più di frequente nell'ambito della ricerca sociale e di mercato), in gruppi quanto più omogenei possibile, sulla base di una serie di dati (raccolti attraverso la ricerca) relativi a varie loro caratteristiche (anagrafiche, di atteggiamento, di comportamento, ecc.). L'analisi dei cluster permette, in sostanza, di identificare le diverse tipologie in cui si struttura il campione esaminato, e quindi (auspicabilmente) la popolazione da cui è stato ricavato.
     
    Attraverso questo tipo di analisi ci si sforza di trovare dei sottogruppi di individui che siano nello stesso tempo: significativamente simili all'interno di ciascun cluster, e significativamente diversi dai membri di tutti gli altri cluster. Si tratta, per molti aspetti, di un metodo di classificazione matematica utile ad identificare persone, oggetti o variabili che risultano simili in base a determinate caratteristiche.
     
    Analogamente al caso dell'analisi fattoriale, l'analisi dei cluster permette di esprimere in forma sintetica ed esplicativa i risultati derivanti da indagini basate anche su migliaia e migliaia di interviste, con centinaia e centinaia di domande. I profili dei cluster che si ricavano non coincidono quasi mai perfettamente con un singolo soggetto, analogamente a quanto avviene per tutti gli indici sintetici prodotti statisticamente, ma rappresentano un buon punto di riferimento se letti alla luce degli strumenti teorici dell'analisi sociale e di marketing.
     
    Anche per l'analisi dei cluster esistono diverse procedure, tra cui alcune standardizzate e di uso comune. Non è possibile tuttavia produrre automaticamente il numero "più corretto" di cluster, che dunque debbono venire stabiliti a priori dal ricercatore. Di fatto avviene che si sviluppi un processo di prova ed errore, in cui i dati vengono accorpati imponendo di volta in volta al computer un diverso numero di raggruppamenti, e stabilendo poi, sulla base di un esame qualitativo delle segmentazioni ottenute, la quantità più verosimile di cluster cui fare riferimento.
     
    Una volta effettuata la classificazione matematica dei soggetti per mezzo dei cluster, questi vengono generalmente descritti, oltre che attraverso tabelle numeriche, anche in parole del linguaggio comune, attraverso un profilo redatto dal ricercatore. Tale profilo contiene molte componenti interpretative, ma è quello cui ci si riferisce più facilmente nella pratica.
     
     
    5.12 Presentazione dei risultati
     
    La conclusione del lavoro di elaborazione dei protocolli, che sono stati raccolti attraverso la rilevazione, consiste nella presentazione dei risultati. Questo passaggio non rientra nell'oggetto di studio della statistica, ma esprime il momento operativamente più significativo della ricerca.
     
    La presentazione finale è il punto d'arrivo di tutto il procedimento, che parte dalla identificazione degli strumenti di raccolta dei dati, per passare poi alla definizione dei modelli di indagine e delle tecniche di elaborazione. E' anche pensando ad essa che si organizzano vari aspetti della rilevazione.
     
    Esistono diverse modalità di presentazione dei dati, e ciascun ricercatore, ovvero ciascun Istituto di Ricerca, tende a sviluppare un proprio stile di esposizione. Si possono tuttavia identificate alcuni criteri comuni.
     
    A conclusione di una indagine vengono prodotte generalmente due specie di presentazioni, strettamente coordinate fra loro: una scritta e l'altra orale. Avviene infatti che venga indetta una riunione finale, in cui il ricercatore espone, generalmente utilizzando testi e immagini da proiettare su di uno schermo (o da riprodurre sul monitor di un computer), la totalità o almeno la parte più significativa di quanto è stato ottenuto.
     
    Viene redatto anche, e consegnato in genere (in più copie) alla fine della riunione conclusiva, un rapporto scritto in cui sono riportati gli elementi esposti oralmente, a volte in termini più o meno identici e a volte in una forma più estesa (specie quando la ricerca è quantitativa e vi sono numerose tabelle).
     
    La presentazione orale è un momento vivo di confronto, che permette anche lo sviluppo di una discussione tra committente e ricercatore, utile a fornire chiarimenti e approfondimenti per dubbi e perplessità. Il rapporto scritto rappresenta invece il punto di riferimento per le successive discussioni interne all'organizzazione, e per le strategie operative che ne conseguiranno, in quanto rimane negli archivi e nella memoria storica della committenza.
     
    Il rapporto finale, sia nella forma scritta che orale, va pensato come una sceneggiatura, organizzata in forma modulare, basata su una successione logica di fasi compiute, ciascuna al proprio interno, ma finalizzate al sostegno della tesi conclusiva. Viene normalmente strutturato nei termini classici di qualsiasi rapporto di ricerca scientifica, per cui deve comprendere una fase dedicata a ciascuno dei seguenti aspetti: premessa, metodologia, risultati, commento.
     
    Nella premessa vengono indicati i presupposti su cui si basa la ricerca, lo scenario di sfondo, gli elementi che hanno indotto a scegliere proprio quella strategia di indagine, gli obiettivi che ci si proponeva di raggiungere. In una parola: la premessa definisce il problema.
     
    La parte dedicata alla metodologia descrive il tipo di strumenti impiegati per la raccolta dei dati, il modello di indagine prescelto, la tecnica di elaborazione dei protocolli. Vi devono essere esposte con precisione, in modo particolare, le caratteristiche del campione.
     
    La sezione che espone i risultati dovrebbe limitarsi a presentare soltanto quelli (i dati, appunto, senza commenti). In altre parole: dovrebbe contenere, nei limiti del possibile, solo fatti e non opinioni. Attraverso una esposizione piana ed asettica delle risultanze emerse dovrebbe cioè essere possibile a ciascun osservatore formarsi una propria idea della situazione in termini quanto più possibile obiettivi.
     
    A conclusione dell'esposizione è bene vi sia una parte di commento. Posto che è necessario distinguere i dati dalle interpretazioni, è tuttavia importante non rinunciare ad un approfondimento, basato sulla competenza teorica e sull'esperienza pratica del ricercatore, che vada al di là dei semplici fatti e prospetti sviluppi ulteriori. Se nella parte descrittiva ci si è attenuti correttamente ai fatti, la parte di commento può permettersi di andare anche piuttosto in là nelle interpretazioni. Si tratta anzi spesso di un momento della relazione finale assai stimolante ed apprezzato, che però deve sempre restare chiaramente nell'ambito delle ipotesi e non delle risultanze vere e proprie.
     
    La presentazione finale dei risultati si avvantaggia dell'uso di tabelle, grafici e illustrazioni. E' buona norma non eccedere nell'uso di questi supporti, lasciando eventualmente ad uno o più volumi di allegati (che riportino, ad esempio, la trascrizione letterale dei colloqui, o la totalità delle tavole statistiche) il compito di testimoniare il dettaglio dei dati raccolti.
     
    Non esiste una forma grafica o una dimensione prestabilita per la presentazione finale. E' importante tuttavia che questa sia sintetica. Deve riportare tutto l'essenziale, ma non di più. L'esposizione orale potrà durare, indicativamente, da una a tre ore. Il testo scritto, inteso come vero e proprio rapporto (con esclusione quindi di eventuali allegati), deve essere concepito nella dimensione indicativa di un "dossier" pubblicato in un settimanale, o di un saggio scientifico di medie dimensioni.
     
    Il rapporto finale ha una funzione operativa. Deve essere un compendio esaustivo, metodico e preciso, che riporta gli elementi necessari e sufficienti a ricavare un quadro completo dei risultati, ma non un trattato onnicomprensivo e pedante che si preoccupa solo di non lasciare indietro neanche una virgola. E' inoltre necessario porre attenzione a che la presentazione abbia una forma grafica chiara e ordinata, ovvero che sia priva di errori.
     
    Come qualsiasi comunicazione, anche la relazione finale di una ricerca deve essere concepita avendo ben chiaro in mente che cosa si vuole dire e a chi lo si vuole dire. Valgono quindi, anche in questo caso, i criteri generali della comunicazione "pubblicitaria", pur tenendo conto del fatto che nel caso della ricerca sociale e di mercato l'accento non viene posto sull'intento persuasivo ma sulla chiarezza e la completezza del messaggio.
     
     
     
     
     
     

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    L'autore delle Schede di PsicoTecnica-Itapi, sulla Ricerca sociale e di marketing, è Felice Perussia.
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    La versione cartacea è disponibile, con il titolo "Introduzione alla Ricerca di Mercato", presso la casa editrice: CUEM: Via Festa del Perdono, 3 - 20122 Milano
    fax: 02-76015840 - e-mail: cuem@galactica.it - www.accu.mi.it
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    Editors of ITAPI Programme :

    Felice PERUSSIA (director)

    Andrea BOARINO

    Renata VIANO

     

     
     
     

     
    Vale sempre la pena di fare Ricerca con ITAPI
     
    La Divisione per la Ricerca PsicoSociale di ITAPI è fondamentalmente un modo con cui ci piace di partecipare alla comunità dei ricercatori e degli operatori, dando una mano a tutti (se possibile).
    La Divisione Ricerca Psico-Sociale applicata di ITAPI (ovvero il Laboratorio di PsicoTecnica) conduce da molti anni con successo molte ricerche (sia qualitative, sia quantiative, sia creative) sulle opinioni, la comunicazione, i comportamenti di consumo, gli stili di vita, il marketing.
     
     
    347 . 4657631 - 347 . 4753143
     
     
     
    Da quando la divisione Ricerca Sociale di ITAPI è apparsa sulla rete, riceviamo continuamente (da parte di molti professionisti, studiosi, studenti ecc) richieste di approfondimenti teorici, consigli di ricerca, delucidazioni e suggerimenti vari sul tema delle ricerche di marketing e d'opinione, sulla psicologia dei consumi, sulla comunicazione ecc.
    Tuttavia: per svariate ragioni (soprattutto perchè una risposta dettagliata richiede davvero molto tempo), pur con tutta la buona volontà, ci siamo resi conto che non riusciamo a fornire una risposta scritta in tempi utili per chi ci pone le domande. E ce ne dispiace. Nè ci sembra corretto scrivere a uno sì e a dieci altri invece no (in base a quale criterio?).
    Abbiamo quindi deciso, almeno per il momento, che risponderemo a voce. Se dunque avete domande da porre direttamente, sul tipo di quelle che possono essere esaudite in un colloquio di consulenza per una ricerca, fatelo pure.
    Potete dunque interpellarci per telefono (siamo abituati a rispondere). La cosa non dà luogo a nessun tipo di impegno (in particolare: è ovviamente, almeno secondo la nostra filosofia, un servizio gratuito alla collettività).
     
     
     
     

     
     
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